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IMMOTA MUTANTUR

Una lente sulla realtà

mostra fotografica di en nico

 

L’Aquila, Palazzetto dei Nobili

29/05 – 14/06/2016

L’AQUILA DI  en nico

La metamorfosi dell’essere nel divenire non si immobilizza nel rattrappito eppur vitale scarafaggio kafkiano, che si dimena con la sua forma, ma cerca, allo stesso tempo, nuove vie di navigazione  nell’interiorità attraverso le immagini di un occhio magico e “spietato”. L’artista sembra avere ben presente, oltre che una consolidata tradizione di grandi fotografi, italiani e del ricco panorama internazionale, l’idea espressa da uno straordinario pittore del nostro Novecento, che solo se uno si guarda dentro vede veramente il mondo. In altre parole sembra che en nico, pseudonimo di Alberto Di Mauro, che il mondo lo ha attraversato in lungo e in largo, non solo come eccellente direttore degli Istituti Italiani di Cultura nelle capitali di numerosi paesi, ma anche come infaticabile viaggiatore solitario, tra spiagge deserte, impervie e proibitive montagne innevate, grandi metropoli, sia riuscito a cogliere in decine di migliaia di scatti, “momenti in movimento” del suo vagabondare, specchio riflesso di una necessità di andare, che non è mai una fuga da qualcosa ma verso qualcosa, un ulisside insomma del nostro tempo che cerca attraverso l’occhio della macchina fotografica i segreti riposti nelle cose e dentro ognuno di noi. La fotografia, dunque, come fotogramma di un film da riavvolgere nella memoria, “una moneta, direbbe Borges, che non è mai la stessa”, o da sviluppare in un altro film che quella memoria inconsapevolmente e gelosamente custodisce.

La mostra che Nico ora ci propone in una cinquantina di scatti accuratamente selezionati, già nel titolo (Immota Mutantur) si inserisce nell’ambiente che la ospita, parafrasando il motto della città dell’Aquila (Immota Manet) e propone immagini in parte ad essa dedicati, in un momento e in un’atmosfera di particolare vitalità ed entusiasmo verso la rinascita e verso una nuova metamorfosi, dopo lo scoramento per quel paesaggio quasi spettrale, che ha fatto seguito, forse per un tempo che a molti è sembrato interminabile, al devastante terremoto del 2009. Le immagini di quei giganteschi bracci meccanici che sembrano, tra guglie e palazzi imbalsamati, dominare e quasi proteggere il miracoloso rinnovarsi del brulichio della vita di sotto, e altre immagini che vengono da molto lontano ma che sembrano armonizzarsi perfettamente con quelle aquilane perseguendo un cammino di riscoperta, di valorizzazione e di esplorazione di nuovi territori dell’anima. Emblematica in questo senso è anche l’ambientazione della mostra nel suggestivo Palazzetto dei Nobili, con i suoi spazi sotterranei e quelli di superficie, che metaforicamente disegnano l’itinerario di un cammino, dentro e fuori di noi.

DANTE MARIANACCI
Presidente del Centro di Studi Dannunziani