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Altri Mari e… dintorni

26/06 – 10/11/2010

Museo di Storia Naturale

e Mostra Permanente del Carretto Siciliano

Palazzo d’Aumale – Terrasini, Palermo

En Nico

Diario di viaggio con la macchina fotografica

Evelina Schatz

La personalità si forma quando si teme che gli altri vengano a sapere troppo di te. Ma per En Nico questo problema non esiste. Non sappiamo niente di lui. Tranne il fatto che il suo occhio umano è un’arma incorporata nel mirino.

In un contesto di incompiutezza, l’uomo diventa partecipe di imprevedibili trasformazioni che lo legano alle altre persone, al mondo e alla sua geografia. En è un travelogue. Egli unisce l’arte del viaggio intellettuale nello spazio e nel tempo alla capacità di penetrare nella vita e nella cultura di un paese straniero, scoprendo i suoi legami con il mondo, chiari fin da subito, e la sua evidente individualità.

Come Bruce Chatwin, egli crea il proprio romanzo mistico-antropologico in forma di diario di viaggio. Invece del moleskine – la macchina fotografica.

Fa dello spostamento nello spazio un problema mobile dove l’importante è non solo il viandante e il mondo, ma anche la causa originaria per la quale le persone preferiscono l’orizzonte in fuga verso l’infinito alle mura delle proprie case.

Nei suoi moltissimi viaggi solitari egli utilizza la macchina fotografica come notebook figurativo, che risulta essere vero e proprio laboratorio creativo dell’artista-fotografo.

Essere sempre in collegamento, ecco il vero sogno delle ultime generazioni – come cantavano mezzo secolo fa i ragazzi di strada newyorkesi nel musical di Bernstein, You are never alone, you are never disconnected. Ed ecco: l’umanità ha accolto l’inizio del Ventunesimo secolo avviluppata nel bozzolo di uno spazio informativo unitario. A questa condizione En Nico risponde con un contrappunto, impersonando il mito del viandante solitario.

In fotografia, una qualsiasi sciocchezza insignififlcante può diventare un soggetto, e un piccolo dettaglio soggettivo diventare il leitmotiv. Andando alla ricerca di nuove trame provocate dal ritmo organico della forma, il fotografo osserva, vede e fa vedere una sorta di testimonianza sul mondo. (Henri Cartier-Bresson).

Paesaggi che sembrano dipinti sulla seta da un pennello cinese; ghiacciai e geyser, rocce e sentieri di montagna lontana, scorti dall’occhio di un viaggiatore temerario; isole-spettri, fra le nuvole a filo d’ac- qua, guglie dorate fra gli alberi delle caravelle parcheggiate in città; teoria verticale delle gru portuali che fa rima con gli alberi del bosco-scheletro; ghiacciai, muschi, vapori spettrali, fontane che stilano lacrime, chiesette di legno consunto disperse nei paesaggi del nord; specchio d’acqua per il Narciso che cambia volto, a volte è un uccello che si innamora del proprio riflesso, a volte è un esercito di uccelli; manichini al mare – alieni dell’ultima ora. Mare infinito, acqua. Che l’ombra opaca si faccia specchio! e riflessi, riflessi – l’eco misteriosa di specchi vaganti.

Un paragrafo a se stante sono le immagini geometriche di En Nico. In esse si conserva la più antica informazione sul mondo e sui processi che vi succedono. Esse raffigurano un livello sovrumano dell’esistenza, l’infinità, la legge della natura e l’unica cosa che di umano essa contiene: il fatto che la sua immagine trovi forma nell’uomo e venga da lui realizzata. Nella sua essenza, la geometria stessa è l’immaginazione spaziale attraversata e organizzata da una logica rigorosa. In essa sono sempre presenti due elementi indissolubilmente legati: un quadro tangibile e una formula esatta, cioè la sua deduzione logica concreta. L’asciuttezza della deduzione concreta e la vivacità del quadro visivo acquistano un’accezione comune nelle parole del poeta: Il ghiaccio e la fiamma non sono così diversi fra loro (A. Puškin). Il tutto è poi accompagnato dal proprio senso del ritmo. Talvolta viene in mente la sequenza di Zha-ng Yìmóu in Lanterne Rosse, dove le idee geometriche sono utilizzate in modo così inaspettato e originale.

Osservate attentamente le opere dell’artista. Egli offre generosamente allo spet-tatore la possibilità di schiudere il proprio subconscio, partecipando alla creazione dell’immagine alla pari con l’autore.

Stefania Zini

Si può rimanere affascinati dalla professionalità di un fotografo, dalle sue conoscenze delle leggi dell’ottica o dal suo senso della composizione. Si può provare invidia nei confronti di un autore che ha colto un paesaggio in un luogo alla ne del mondo che non si avrà mai la fortuna di visitare. Guardando le fotografie di En Nico si prova allo stesso tempo un senso di invidia e fascino, ma soprattutto si compartecipa alle sue emozioni.

I lavori di En Nico sono essenzialmente tristi,… ritratti di personaggi di cui non si conoscerà mai il volto, la natura stessa o piange pioggia o si nasconde nella nebbia. Questo è il carattere dell’autore. Pur essen- do un italiano solare preferisce il maltempo. Forse proprio per questo riesce a cogliere e trasmettere i colori, l’umore e le tonalità soprattutto della Russia.

Tuttavia, paradossalmente, le fotografie di En Nico alla ne suscitano un senso di gioia. Costringono a ri ettere, tirare un respiro profondo e iniziare a gioire della vita all’italiana. Infatti, se qualcuno ha lasciato un’impronta di sè, questo è di per se positivo, significa semplicemente che si è spostato per ripararsi dalle intemperie. Ed è possibile che qualcun altro veda il volto radioso di chi nella foto ci volta le spalle e alla pioggia seguiranno inevitabilmente giorni di sole.

Conosco En Nico da molto tempo, conosco il suo vero nome, la sua vera professione che non desidera rivelare – la fotogra a è per lui un hobby. D’altra parte anche le sue foto En Nico le ha conservate a lungo, come si suol dire, nel cassetto, mostrandole solo agli amici. Confesso di essere una dei colpevoli che, con grande difficoltà lo hanno convinto ad aprirsi. E spero ne sia valsa la pena.